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Abbiamo più volte affrontato in questo Blog l’argomento della terapia genica e della manipolazione delle cellule staminali, dove è possibile intervenire, grazie a un vettore virale, sostituendo il gene difettoso. Questa pratica sperimentale è possibile nei casi in cui il difetto è espresso su un solo gene. Questo è il caso dell’Emofilia A.

Da decenni si cercano soluzioni e molto è il lavoro svolto fin qui sia in fase sperimentale da laboratorio che clinica e diversi sono i risultati ottenuti grazie ad approcci diversi. Abbiamo trovato interessante l’articolo che traduciamo di seguito, risale a gennaio 2019 ed è particolarmente rilevante perché, in seguito a sperimentazioni su topi, si è potuto verificare l’efficacia dell’utilizzo di staminali della placenta e del sangue cordonale in seguito a manipolazioni genetiche.

Naturalmente, sarà necessario verificare se risultati simili potranno essere riprodotti anche sugli esseri umani, ma di certo, questa prima fase è già un buon inizio.

Vi auguriamo una buona lettura.

Forse un nuovo trattamento a lungo termine per i malati di emofilia. Da uno studio sui topi le indicazioni per una terapia cellulare di ingegneria genetica.

Una terapia cellulare con cellule progenitrici endoteliali e cellule staminali geneticamente manipolate in grado di produrre un funzionale fattore VIII della coagulazione (FVIII) potrebbe fornire un trattamento stabile e a lungo termine per l’Emofilia A. Lo ha dimostrato uno studio su modello murino.

Lo studio indica che il trapianto di cellule provenienti dalla placenta e da sangue del cordone ombelicale (https://www.smartcells.it/service/perche-conservare/) manipolati per esprimere FVIII è in grado di alleviare i sintomi (tempo di sanguinamento) nei topi con un disturbo di questo tipo.

Un risultato importante è il fatto che il trapianto simultaneo di entrambi i tipi di cellule abbia consentito un attecchimento stabile e a lungo termine nei topi il che potrebbe portare a dei risultati significativi anche per gli esseri umani con Emofilia A. Ad oggi le terapie cellulari per pazienti affetti da questo disordine, anche se promettenti, sono state limitate dal fatto che le cellule trapiantate non permangono a sufficienza all’interno del corpo umano.

Attualmente, la cura standard per l’Emofilia A consiste in una terapia sostitutiva delle proteine che comporta infusioni frequenti di concentrati di FVIII, derivati da plasma umano o prodotti in laboratorio con manipolazione del DNA.

Malgrado un’aspettativa di vita più lunga e migliore sotto un profilo qualitativo, il costo elevato, la necessità perenne di infusioni, e l’impossibilità a mantenere stabili i livelli di coagulazione, rende queste terapie non ideali.

Servono nuove terapie che superino questi limiti e la terapia genica è da tempo indicata come un’alternativa promettente visto che l’Emofilia A deriva da un difetto espresso su un singolo gene denominato F8. Tuttavia, l’efficacia a lungo termine delle terapie geniche è ad oggi sconosciuto poiché un terzo dei pazienti non risulta idoneo in quanto potrebbe sviluppare una risposta immunitaria al Virus AAV utilizzato come vettore.

Un’altra possibilità consiste nell’impiego di terapie geniche dove un gene F8 funzionale viene prima introdotto nelle cellule bersaglio al di fuori del corpo del paziente in modo che, poi, le cellule così manipolate possano essere trapiantate nel paziente.

Due tipi di cellule sono state individuate per svolgere questa funzione e, più precisamente, le cellule stromali mesenchimali provenienti dalla placenta (PMSC) e cellule formanti colonia endoteliale (ECFC). Le ECFC danno origine alle cellule endoteliali (cellule che rivestono i vasi sanguigni), una fonte primaria del Fattore VIII nel nostro corpo. Una volta isolate in laboratorio, le ECFC si replicano facilmente acquisendo le caratteristiche di cellule endoteliali. Le PMSC sono cellule mesenchimali, un gruppo di cellule “ben consolidate come terapia cellulare per tutta una gamma di malattie e condizioni” secondo i ricercatori.

Uno degli ostacoli al successo di questo trattamento è dovuto al fatto che le cellule trapiantate producono il fattore di coagulazione all’interno del corpo del paziente per un periodo di tempo troppo breve.

In questo studio, i ricercatori hanno testato un nuovo protocollo doppio di trapianto per vedere se fosse possibile migliorare l’attecchimento a lungo termine delle cellule produttrici del fattore di coagulazione in modo da trattare al meglio i pazienti con EmofiliaA.

Hanno, quindi, prima raccolto le PMSC dalla placenta umana scartata da una gravidanza a termine e le ECFC dal sangue cordonale. Queste cellule sono poi state manipolate geneticamente con una versione del F8 per esprimere un FVIII funzionale, utilizzando una terapia genica a base lentivirale. Le cellule, così modificate, sono poi state trapiantate da sole o insieme in topi immunodepressi per verificare quale dei regimi scelti durasse di più nel corpo.

I risultati hanno dimostrato che il trapianto combinato di PMSC e ECFC ha dato luogo al trapianto migliore e più duraturo che ha portato a una produzione stabile di FVIII funzionale nei topi per oltre 6 mesi. Inoltre, si è potuto verificare che il trapianto ha dato i risultati migliori se effettuato a pochi giorni dalla nascita anziché in topi adulti.

Soprattutto, si è potuto dimostrare che il trapianto combinato è riuscito a ridurre di oltre due terzi il volume di sangue perso dai topi in seguito a un taglio e quindi consentendo una coagulazione più veloce del sangue.

“Questo lavoro dimostra che il trapianto combinato di ECFC e PMSC in età neonatale è potenzialmente una strategia terapeutica per ottenere un attecchimento stabile a lungo termine ed è quindi molto promettente come trattamento cellulare per l’Emofilia A”, concludono gli scienziati.

 

Fonte: https://hemophilianewstoday.com/2019/01/28/cell-therapy-long-term-treatment-hemophilia/

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