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E’ in continuo aumento l’interesse della comunità scientifica nei confronti dei trapianti con sangue cordonale anche se fino ad oggi le staminali da midollo osseo rappresentano la prima fonte per trapianti in ambito oncoematologico.  Tuttavia, negli ultimi anni è andata aumentando in maniera significativa la ricerca sul sangue cordonale e nello spazio temporale di poco più di un anno, siamo venuti a conoscenza di ben tre studi che illustrano l’importanza di questa risorsa, soprattutto in alcune forme leucemiche.

Il primo articolo (prodotto in collaborazione con la European Society for Blood and Marrow Transplantation), l’abbiamo pubblicato, appena uscito, sul nostro Blog il 26 giugno 2015 e s’intitolava “Il trapianto con sangue cordonale” dove si giungeva alla conclusione che questo tipo di trapianto poteva rappresentare una buona alternativa al trapianto di midollo nei casi di leucemia linfocitica cronica.”Chronicgraft versus hostdiseaseburden and late transplantcomplications are lowerfollowingadult double cordblood versus matchedunrelateddonorperipheralbloodtransplantation“ Si trattava di uno studio durato 8 anni ma con un numero esiguo di pazienti (68). FONTE : Umbilical cord blood transplantation: the first 25 years and beyond. Ballen K, Gluckman E, Broxmeyer HE. Blood. 2013 Jul 25;122(4):491-8.

Un anno dopo, e precisamente l’11 luglio 2016, l’autorevole Bone Marrow Transplantation Journal ha pubblicato un nuovo studio clinico svolto in collaborazione con ricercatori clinici dell’Università del Colorado su pazienti leucemici. I risultati dello studio illustrano che il rischio di rigetto e le complicanze dovute a un trapianto ritardato sono di gran lunga inferiori nei trapianti con sangue cordonale rispetto a trapianti da midollo o da sangue periferico.  Dovendo per necessità riassumerne il contenuto, ci limitiamo a fornirvi i punti principali e cioè, nei casi in cui non sia possibile trovare un donatore compatibile in famiglia(solo il 30% dei malati riesce a trovare un consanguineo compatibile nelle famiglie caucasiche) si ricorre ai registri internazionali di donatori di midollo. Maggiore è la compatibilità, minori sono i rischi di rigetto e minore è l’impiego di farmaci immunosoppressori. L’utilizzo di sangue cordonale consente l’impiego di campioni con una compatibilità inferiore, anche se l’attecchimento richiede più tempo. Ne consegue che le strutture ospedaliere devono affrontare costi maggiori e tendono così a privilegiare il trapianto di midollo.

Lo studio, tuttavia, ha permesso di mettere a confronto l’incidenza della malattia da rigetto fra i due gruppi di pazienti dopo tre anni dal trapianto e si è riscontrato che :

  • L’incidenza della forma più grave di GVHD (malattia da rigetto) è stata del 48 percento nei pazienti che hanno ricevuto un trapianto di midollo da donatori non consanguinei e dell’8percento in chi ha ricevuto un trapianto di sangue cordonale
  • L’incidenza totale di GVHD è stata del 68 percentofra i pazienti che hanno ricevuto un trapianto di midollo e del 32 percento fra chi ha ricevuto un trapianto di sangue cordonale
  • Inoltre, i pazienti che hanno ricevuto un trapianto con sangue cordonale hanno potuto sospendere i trattamenti con immunosoppressori 268 giorni dopo l’intervento mentre chi ha ricevuto trapianto da donatore di midollo non consanguineo non ha mai sospeso questo tipo di trattamento.
  • Prolungando leggermente il periodo di trattamento in ospedale, è chiaramente dimostrato che il sangue cordonale ha una resa migliore rispetto a cellule provenienti da donatore compatibile non consanguineo.

Fonte : J A Gutman, K Ross, C Smith, H Myint, C-K Lee, R Salit, F Milano, C Delaney, D Gao and D A Pollyea

Link da NATURE http://www.nature.com/bmt/journal/vaop/ncurrent/full/bmt2016186a.html

Infine, il 3 settembre 2016, il New England Journal of Medicinehttp://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa1602074 pubblica uno studio importante svolto fra gennaio 2006 e dicembre 2016 su 582 pazienti dove sono state impiegate fonti diverse di cellule staminali ematopoietiche (sangue cordonale, midollo osseo o sangue periferico) per trattare pazienti affetti da leucemia mieloide acuta, leucemia linfoide o sindrome mielodisplastica.

Lo studio, svolto dal Dr Milano e dalla sua équipe, presso il Fred HutchinsonCancerResearch Center di Seattle,  giunge alla conclusione che, nei pazienti affetti da malattia residua minima, l’impiego di sangue cordonale come fonte di cellule staminali per trapianti in ambito ematopoietico ha portato a un tasso di sopravvivenza maggiore e a un minor rischio di ricaduta rispetto a un trapianto da donatore non consanguineo di midollo. Inoltre, in alcuni casi, il tempo necessario per trovare un donatore può essere determinante per il successo del trapianto stesso e la possibilità di reperire velocemente una sacca di sangue cordonale permette di anticipare il trapianto compensando così altre problematiche.

Fonti :Filippo Milano, M.D., Ph.D., TedGooley, Ph.D., Brent Wood, M.D., AnnWoolfrey, M.D., Mary E. Flowers, M.D., Kristine Doney, M.D., Robert Witherspoon, M.D., Marco Mielcarek, M.D., Joachim H. Deeg, M.D., Mohamed Sorror, M.D., AnnDahlberg, M.D., Brenda M. Sandmaier, M.D., RachelSalit, M.D., EffiePetersdorf, M.D., Frederick R. Appelbaum, M.D., and ColleenDelaney, M.D.

N Engl J Med 2016; 375:944-953September 8, 2016DOI: 10.1056/NEJMoa1602074

Per consultare l’articolo complete :http://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa1602074#t=articleTop

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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