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La toxoplasmosi è una malattia causata dal Toxoplasma gondii.  Il parassita può essere trasmesso dagli animali ma anche dai terreni contaminati dall’urina o dalle feci di animali infetti.


Sintomi, prevenzione e trattamento

Nell’infezione da Toxoplasma gondii è possibile distinguere due fasi successive: la prima (toxoplasmosi primaria) è caratterizzata dalla sintomatologia clinica (cefalea, astenia, ingrossamento dei linfonodi, fegato e milza) , la seconda fase della toxoplasmosi (toxoplasmosi postprimaria), caratterizzata dall’assenza di segni clinici e di laboratorio seppur il parassita sia presente nell’organismo. Il soggetto che contrae una toxoplasmosi resta protetto per tutto l’arco della vita da recidive.
La toxoplasmosi è ad alto rischio nel caso in cui venga contratta in gravidanza: l’infezione può infatti passare al bambino attraverso la placenta, provocando in determinate circostanze malformazioni o addirittura l’aborto o la morte in utero. La toxoplasmosi rappresenta dunque un importante elemento di cui tenere conto nell’ambito della salute materno infantile.

Tra le principali fonti di infezione nelle donne gravide è il consumo di carne poco cotta. Dai risultati emerge infatti che i fattori di rischio principali sono legati all’alimentazione (dal 30 al 63% dei casi dovuti all’assunzione di carne poco cotta). È quindi necessario evitare di assaggiare la carne mentre la si prepara e lavarsi molto bene le mani dopo averla toccata. Un’altra importante fonte di contaminazione è rappresentata dalla manipolazione della terra degli orti e dei giardini, dove animali infetti possono aver defecato e urinato.  Se si consumano ortaggi e frutta fresca è necessario l’impiego di bicarbonato o Amuchina.
Infine, negli ultimi anni si è ridimensionata l’attenzione nei confronti del gatto come portatore della malattia, in particolare se si tratta di un gatto domestico, alimentato con prodotti in scatola e la cui lettiera è cambiata tutti i giorni (le cisti del parassita si schiudono dopo tre giorni a temperatura ambiente e alta umidità). Il vero serbatoio della toxoplasmosi è invece rappresentato dai gatti randagi, che si infettano cacciando uccelli e topi contaminati, e che possono defecare nel terreno rilasciando Toxoplasma anche per diverse settimane.

Un’altra possibile fonte di infezione è rappresentata dalla lettiera del gatto, soprattutto se la sabbia non viene cambiata regolarmente (le cisti del parassita si schiudono dopo tre giorni). Per la pulizia è bene utilizzare guanti usa e getta.
Nel caso in cui la donna dovesse essere contagiata durante la gravidanza, è possibile bloccare la trasmissione dell’infezione al bambino attraverso un trattamento antibiotico mirato.
Con le attuali possibilità di trattamento, almeno il 90% dei bambini con toxoplasmosi congenita nasce senza sintomi evidenti e risulta negativo alle visite pediatriche di routine.

Le probabilità di trasmissione dell’infezione materna al feto aumentano man mano che la gravidanza progredisce: i bambini la cui mamma abbia contratto la toxoplasmosi dopo le 16-24 settimane di gestazione appaiono spesso normali alla nascita, anche se opportune indagini strumentali possono mettere in rilievo alcune anomalie. I feti contagiati nelle prime settimane di gravidanza, invece, sono quelli che subiscono le conseguenze più gravi dell’infezione congenita: interruzione spontanea della gravidanza, idrocefalia, lesioni cerebrali che possono provocare ritardo mentale ed epilessia, ridotta capacità visiva che può portare fino alla cecità.

Diagnosi
Poiché la malattia è spesso asintomatica, idealmente sarebbe bene conoscere il proprio stato prima della gravidanza, e cioè sapere se nel proprio siero siano presenti gli anticorpi grazie a un semplice esame (Toxo-test). Per gli approfondimenti, le terapie e gli esami da svolgere è bene consultarsi fin dall’inizio con il proprio ginecologo.

 

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