DIAGNOSI PRENATALE
Le anomalie cromosomiche, caratterizzate da difetti strutturali in una delle 23 paia di cromosomi, si verificano nel 7,5% dei concepimenti, causano per lo più aborto e solo lo 0,6% dei nati vivi è affetto da una malattia cromosomica.
La diagnosi prenatale si divide in NON INVASIVA (Bitest e DNA fetale su sangue materno) e INVASIVA (Amniocentesi e Villocentesi).
IL BITEST
Si basa sulla misurazione ecografica, tra la 11.a e 13.a settimana di gestazione, della plica nucale che indica la quantità di liquido presente sottocute nella zona cervico-dorsale .
In presenza di un aumento dello spessore della translucenza cresce il rischio che il feto sia affetto da malattie cromosomiche, cardiopatie e sindromi malformative. Nel Bitest si associano: translucenza nucale, due proteine presenti nel sangue materno (free BHCG e PAPP-A).
In relazione all’età della madre si ottiene un valore espresso in percentuale per la trisomia 21 e 18 e come test di screening ha un’attendibilità dell’85%.
L’esame è consigliabile a tutte indipendentemente dall’età.
DNA FETALE
Il test del DNA fetale su sangue materno consiste in un semplice prelievo di sangue materno da cui si puo’ analizzare il DNA del feto per valutare la presenza di specifiche anomalie cromosomiche (aneuploidie senza ricorrere ad indagini invasive.
Durante la gravidanza, frammenti di DNA fetale sono presenti nel sangue materno già dalla 5.a settimana di gestazione, la loro concentrazione aumenta progressivamente e dalla decima settimana si può eseguire il test.
Le alterazioni cromosomiche analizzabili sono la trisomia 21,18,13,9,16 e quelle legate ai cromosomi sessuali.
Se la coppia ne fa richiesta il test valuta come ulteriore approfondimento diagnostico di secondo livello alcune sindromi da microdelezioni che consistono nella mancanza di piccole quantità di informazioni in un cromosoma.
L’esame, che richiede tempi di refertazione nell’ordine di 5/6 giorni, è eseguibile sia per le gravidanze singole che gemellari.
La specificità (capacità di escludere che non ha sviluppato aneuploidie, espressa in percentuale) del test è > del 99%.
La sensibilità (capacità di identificare un’aneuploidia espressa in percentuale) varia dal 96,5 al 99%.
La percentuale di falsi positivi è estremamente bassa.
Il test del DNA fetale costituisce una novità assoluta nell’ambito diagnostico tale da poter modificare le strategie della diagnosi prenatale. E’ un’analisi diretta del DNA fetale e non valuta tutte le anomalie cromosomiche, diversamente dalla villo centesi o amniocentesi, né alterazioni parziali o strutturali o quadri di mosaici, ma rileva circa il 90% delle aneuploidie delle gravidanze in evoluzione.
Si tratta di un test di screening: un risultato negativo riduce sensibilmente la possibilità che il feto abbia un’alterazione cromosomica pur non azzerandola.
AMNIOCENTESI
L’amniocentesi è una procedura invasiva che consente il prelievo transaddominale del liquido amniotico dalla cavità uterina.
L’esame si esegue tra la 15 e 16.ma settimana. Si preleva, sotto controllo ecografico, 20 ml di liquido amniotico che si riformerà dopo poche ore. Nel liquido sono presenti cellule fetali su cui si eseguirà l’esame cromosomico e una parte priva di cellule utilizzabile per dosare l’alfafetoproteina (AFP), marker di eventuali anomalie della colonna vertebrale (spina bifida).
I risultati dell’esame si ottengono in 15 giorni. Il rischio di aborto è di circa lo 0,5% – 1%.
VILLOCENTESI
E’ un prelievo dei villi coriali del primo trimestre (10-12 settimana).
I villi (materiale placentare) vengono aspirati per via transaddominale con una siringa sotto controllo ecografico e messi in cultura.
Accuratezza dell’esame e tempi di risposta sono analoghi all’amniocentesi. Il rischio di aborto è dell’1%.